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SPETTACOLI IN SCENA STAGIONE 2025/2026

TITUS

Perché mettere in scena il Tito Andronico oggi? Cosa ci racconta? Nel tempo in cui viviamo, si tende a cercare il giusto eil colpevole, l'eroe e l'assassino, il simbolo del bene come il simbolo del male, come se nel nostro tempo le parole bene emale avessero ancora un senso. Ma dov'è che un buono diventa assassino? E dove il contrario? Da che punto la violenzapuò generare qualcosa di buono e fino a che punto siamo disposti a indagarci per saperlo? Popoli affiancati, cresciutisulla stessa terra, ma pronti a vendicarsi, giustizieri di paesi che impongono la pace torturando e vessando, padri e figliproprio come loro in qualche lager del mondo. Ci si abitua a tutto, perfino allaviolenza, alle barbarie, e sembra che laviolenza successiva sia sempre meno peggiore della precedente, perché è la violenza stessa che educa i nostri occhi anon sviare lo sguardo e la nostra morale a sprofondare in quel buco nero del “è giusto così”.Parliamo di una Roma antica, chiaramente, di un popolo germanico e di regine e tribuni, di imperatori e soldati. Maparliamo di stupri efferati, di umiliazioni e torture, di quel senso mostruoso di normalizzazione, quel sordo stridulo suonoche ovatta ogni grido di donna e di madre. Un bambino giace sulla pancia del proprio padre, una donna viene stupratanel corpo e nell'anima come bottino di guerra, un figlio morto per ogni proprio figlio caduto. Un codice così lontano, macosì mostruosamente vicino, così mostruosamente abituale. E allora il Tito va raccontato, va messo in scena, sperandoche almeno in quella strana architettura del teatro qualcuno possa gridare basta e indignarsi, perché questo è il limitepiù grande del nostro tempo: non ci indigniamo più davanti all'orrore e alle brutture del mondo. (D. Sacco)

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LA VEDOVA

SCALTRA

La Vedova Scaltra rappresenta, nella drammaturgia goldoniana, il primo grande passo verso la Riforma. Dal teatro pastorale, dal teatro delle maschere, al teatro dominato dalla psicologia e da quello che noi chiameremo il carattere della modernità. La Vedova Scaltra è una macchina comica perfetta: certo, è la prova generale della Locandiera, è la prova generale della emancipazione e della liberazione della donna, (mai come di questi tempi tema così attuale). La Vedova Scaltra soprattutto è il racconto della giovinezza del mondo; la Repubblica di Venezia pronta, (si, è una scelta) a morire per sempre dentro alla bellezza sovrumana della sua immortalità. E’ un’avventura d’amore, è un’avventura di cappa e di spada, è un’avventura dentro le volute tenere dell’amicizia e del conflitto. Insomma La Vedova Scaltra è Carlo Goldoni.

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L'ANATRA

ALL'ARANCIA

L’anatra all’arancia è una commedia leggera, brillante, ma di difficile interpretazione attoriale. Richiede senso della misura e sottile gusto per il paradosso senza scadere nella caricatura. In tal senso Emilio Solfrizzi è stato perfetto: la sua falsa ingenuità permeata di ironia sorniona, la sua recitazione impostata su controtempi comici a effetto, le sue battute impostate sul sovvertimento della logica comune hanno dato allo spettacolo il giusto e appropriato tocco di brio. Carlotta Natoli: vivace, peperina, con l’aria da innocente furbetta e dai ritmi recitativi serrati e perfetti ci ha regalato un’interpretazione brillante di vera classe. Insomma: un’Anatra all’arancia spassosa e di gran classe. Merito anche dell’intelligente e accurata regia di Greg

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ANFITRIONE

Di Plauto

Anfitrione è una delle commedie più celebri di Plauto. 
La trama ruota attorno a un soldato di nome Anfitrione e al suo servo
Sosia, che tornano a casa dopo una lunga campagna militare. Tuttavia
Giove, affascinato dalla bella moglie di Anfitrione, Alcmena, decide
di assumerne l’aspetto per conquistarla. Nel frattempo il vero
Anfitrione ignaro, si scontra con Sosia e si sviluppano una serie di
equivoci, situazioni buffe e colpi di scena. Inganni che creano una
girandola di situazioni esilaranti in cui i personaggi si confondono
sulla vera identità di chi hanno di fronte offrendo al pubblico uno
spettacolo spassoso e leggero. Un’opera incredibilmente divertente ma
anche una fonte preziosa e importante per il suo valore storico
linguistico che può essere usata come lente attraverso cui analizzare e
commentare la contemporaneità.
Insomma, un Plauto modernissimo: quante volte pensiamo di aver di
fronte qualcuno ed invece abbiamo di fronte qualcun altro sbagliando le nostre valutazioni? O viceversa: quanto
spesso non siamo all’altezza dei ruoli che gli altri ci danno?
Questo ormai  accade tanto nella vita vera, quella di tutti i giorni, quanto (se non soprattutto) in quella digitale,
quella dei social.

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MOBY

DICK

Moby Dick è la storia di un’ossessione epica che ha la fisionomia di una tragedia shakesperiana, tale è il senso drammatico dei suoi personaggi.

Moby Dick non è una balena, è una condanna, una maledizione che diventa sfida tra uomini.

Il Pequod è il vascello stregato che porta la ciurma verso la perdizione. Il doblone d’oro sull’albero del Pequod e il patto di sangue dei marinai sono la chiamata mefistofelica verso gli abissi della non-conoscenza.

Achab è ossessionato dalla vendetta, è uomo empio che disconosce Dio, l’uomo dell’oltre e della violazione. Starbuck è il suo alter ego, voce della prudenza, della coscienza, testimone di una visione teocentrica che si scaglia contro la blasfemia dell’odio di Achab verso la balena bianca.

In questo Moby Dick, che vede in Moni Ovadia lo straordinario protagonista, la narrazione teatrale inizia sul Pequod, dove si consumerà la tragedia di tutti i personaggi – Queequeg, Pip, Ismaele, Stubb, Lana caprina, Tashtego, Perth – in un susseguirsi frenetico di tempeste, battute di caccia, avvistamenti, bonacce, canti, riti pagani e preghiere.

E se nella ricerca maniacale di Moby Dick è la follia a guidare il capitano Achab, è sul piano del conflitto umano contro Starbuck che Achab conosce l’orrore: la parte recondita della sua stessa coscienza.

 

La malattia di Achab è Moby Dick, ma Starbuck ne è la manifestazione clinica. Moby Dick gli fa male con la sua “assenza” lì dove Starbuck lo fa con la sua “presenza”.

Un conflitto posto sullo stesso piano, uno specchio dove galleggia il peccato originale…una balena bianca in un abisso nero. E poi lo specchio si crepa.

Non c’è redenzione sul Pequod, solo una fitta nebbia.

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Spettacoli disponibili per la stagione 2025/2026

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